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Tokaji 5 Puttonyos Aszù 2017 – Royal Tokaji

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Tokaji 5 Puttonyos Aszù 2017 – Royal Tokaji

 

Maggiori Informazioni
Note al naso sentori di miele e scorze di agrumi, zafferano che si mescolano alle spezie. Al palato è perfettamente bilanciato e rinfrescante
Annata 2017
Abbinamento vino da meditazione o da abbinare a foie gras e pasticceria secca
Temperatura di servizio da 7 a 12 gradi
Consumo ideale 2023-2043
CL 50
Gradazione alcolica 11%
Vitigno Furmint Harslevelu
Maturità Pronto ma migliorerà con il tempo
Formato bottiglia Bottiglia
Nazione Ungheria
Appellazione Tokaji 5 Puttonyos

Esaurito

COD: Tokaji 5 Puttonyos Aszù 2017 - Royal Tokaji Categorie: ,

Royal Tokaji è il più premiato e famoso produttore di Tokaji ungheresi. Il Tokaji ungherese ha sempre avuto un‘aria di mistero. Micheal Broadbend nel suo libro “Great Vintage Wine Book“ definisce i Tokaji come “probabilmente il più remoto e particolare dei grandi vini classici, il Tokaji proviene da un piccolo distretto ungherese che è poco più di un gruppo di colline perfette a 30 miglia dal confine russo – di certo create dall‘immaginario romantico di qualche Dio della Transilvania“. La leggenda narra che le colline di Tokaji siano piene d‘oro e Paracelsus, famoso alchimista svizzero, ha sperimentato a lungo con le uve di Tokaji nella speranza di creare Oro.

LA STORIA DEL TOKAJI UNGHERESE

Leggende a parte, la storia del Tokaji è fra le più illustri della storia del vino. I primi insediementi risalgono al 1526 e già nel 1550 venne creata la zona di Tokaj-Hegyalia, comprensiva di 28 villaggi ideali per la viticultura, tutti situati su terreni vulcanici. La designazione della zona portò grandi investimenti: rocce vennero rimosse dal terreno, furono costruite i terrazzamenti e delineati i vigneti. Sotto la guida del capo della polizia vennero istituite le prime regole produttive e i trasgressori venivano puniti con multe importanti e punizioni corporali. Ma il vero passo in avanti avvenne agli inizi del diciassettesimo secolo grazie a Mate Szepsi Laczko, un prete del villaggio di Erdobenye che sperimentando con le uve Furmin produsse i primi Aszu (uve passite). Come spesso succede nella storia, i grandi passi in avanti succedono per una serie di coincidenze. Mate Szepsi stava per iniziare il suo raccolto quando arrivò la notizia di una nuova invasione turca. Gli ungheresi fuggirono dalle campagne e si asseragliarono a difendere le città, senza poter raccogliere le preziose uve. Quando l‘invasione fu finalmente respinta, agli inizi di Novembre, tutte le uve erano appassite. Szepsi diede comunque istruzione ai suoi uomini di raccogliere i chicchi. Nelle cassette un glorioso nettare della consistenza del miele iniziò a trasudare dai chicchi che venne battezzato Essencia. Nel frattempo Szepsi intuì che il mosto prodotto dalle uve appassite era troppo concentrato e iniziò a mescolarlo con il vino da tavola dell‘annata precedente. Nacque cosi il primo Tokaji Aszu e Mate Szepsi è considerato „l‘uomo che inventò il Tokaji“.

LE BOTTI GONCI

Nonostante le continue guerre che portarono immense sofferenze nella regione, gli ungheresi perseverarono nella produzione del loro grande vino. Per nasconderlo dalle orde di invasori iniziarono a scavare cantine sotterranee la cui collocazione era segreta. Queste cantine, perfette per la maturazione del vino, erano di dimensioni talmente piccole che si dovettero studiare apposite botti da 130 litri chiamate “Gonci“, tuttora utilizzate per la produzione.

IL PERIODO D’ORO

La fama dei vini di Tokaji crebbe esponenzialmente dalla metà del sedicesimo secolo fino agli albori della Rivoluzione Russa.

Già nel 1562 il pontefice Papa Pio IV proclamò i suoi vini “Summum Pontificem talia vina decent“ (Il supremo pontefice prediligie questi vini speciali) e già nel 1620 venne imposta per legge la massima resa per ettaro consentita.

Nel 1700, 155 anni prima di Bordeaux, il principe Rakoczi classificò i vigneti in 1st, 2nd e 3rd Growth. Eccezionalmente due vigneti, Mazes Maly e Szarvas vennero classificati Great 1st Growth. Dal diciottesimo secolo in poi il Tokaji divenne il vino dei Re e dei Papi. Louis XIV lo teneva sempre a disposizione per la sua amante, Madame de Pompadour. Papa Benedetto XIV ne era un grande amante e quando Maria Theresa, arciduchessa d‘Austria e regina di Ungheria gli regalò delle bottiglie gli scrisse „Felice è la nazione che produce questo vino. Felice è la regina che mi regala questo vino. Più felice sono io che lo bevo“. Lo Tzar di Russia tenette addirittura dal 1733 al 1800 degli emissari a Bodrogkeresztiir il cui unico scopo era acquistare il vino per la corte dello Tzar.

IL PERIODO BUIO DEL COMUNISMO

La rivoluzione russa e la successiva occupazione dell‘Ungheria da parte del URSS segnò il declino quasi istantaneo di questo grande vino. Sotto il regime comunista i terreni vennero espropriati e posti sotto il controllo della Monimpex. Il 90% della produzione del vino venne destinata al mercato Russo in cambio di gas naturale. Istvan Szepsi, rispettato produttore del villaggio di Mad e discendente del prete Mate Szepsi, si ricorda i continui incoraggiamenti ad aumentare la produzione. Lo stato gli chiedeva di produrre il maggior numero di ettolitri per ettaro possibili. I vigneti andarono in sovrapproduzione, nessuna potatura verde veniva fatta, l‘individualità e la qualità venivano ignorate.

LA RINASCITA DEL TOKAJI

Con la caduta della cortina di ferro del 1989 incominciò il rinascimento del Tokaji. Nel 1989 lo strorico Peter Vinding-Diers invità Hugh Johnson a visitare la regione. L‘antica storia del Tokaji e dei suoi grandi vini Aszu era conservata solo da un piccolissimo gruppo di persone. Fra questi Johnson si incontrò con Istvan Szepsy che nonostante fosse costretto a cedere quasi tutta la sua produzione alla cooperativa era riuscito a conservare una piccola quantità di vini prodotti con metodi tradizionali che stupirono il critico a tal punto che volle investire in una Joint Venture con il produttore ungherese. Nacque cosi nel 1990 la Royal Tokaji Wine Company, la prima società privata a produrre e vendere Tokaji Aszu in epoca moderna.

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