Tenuta del Paguro
UNA STORIA DI IERI,
UNA STORIA DI OGGI
IERI RAVENNA ERA SFARZOSA CAPITALE DELL’IMPERO ROMANO D’OCCIDENTE. OGGI RAVENNA È DIVENTATA UNA DELLE CAPITALI PORTUALI E PRODUTTIVE ITALIANE.
Ieri Ravenna era sfarzosa capitale dell’Impero Romano d’Occidente; nei baccanali il magister bibendi, sorteggiato ai dadi, mesceva con perizia una varietà di vini, fra cui i vini “salsi”, o salati, che erano prodotti con uve seccate al sole e quindi miscelati, prima della fase di affinamento, con acqua marina, in modo da accelerare la maturazione e prevenire l’acetificazione.
Oggi la bizantina Ravenna è diventata una delle capitali portuali e produttive italiane. È una città vitale, dinamica.
La dimensione artistica e storica di Ravenna si sposa alla sua vivacità economica. Le pregiate cantine del territorio producono l’albana, il sangiovese, il pagadebit, la cagnina e le altre eccellenze vinicole romagnole.
Il ravennate Gianluca Grilli ha avuto un’intuizione e con determinazione ed entusiasmo nel 2010 ha intrapreso un percorso di ricerca e innovazione enologica. Con la collaborazione di una squadra di subacquei dell’Associazione Paguro ha affondato nel reef artificiale, ad una profondità di 30 metri, le casse di vino della Tenuta del Paguro, per recuperarle dopo il tempo necessario a raggiungere la maturazione ottimale.
IL RELITTO
L’INABISSAMENTO DELLA PIATTAFORMA DEL PAGURO HA CREATO UN REEF ARTIFICIALE, L’AMBIENTE IDEALE PER PROTEGGERE LA MATURAZIONE DEL VINO. SI SUGGELLA COSÌ IL PATTO TRA PASSATO E PRESENTE.
Il relitto della Piattaforma del Paguro, inabissatasi il 29 settembre del 1965 a 35 metri di profondità, si è trasformato col tempo in un’oasi sottomarina che affascina i suoi visitatori con l’incanto delle sue variegate forme di vita.
La piattaforma Paguro, varata nel 1963 a Porto Corsini, nel settembre 1965 si preparava all’ultima delle sue missioni: la perforazione del pozzo PC7 per raggiungere un giacimento a quasi tre chilometri di profondità. Era il 29 settembre, quando successe l’inaspettato: la trivella intaccò un secondo giacimento, ricco di gas a pressione elevatissima. A nulla valsero le misure di sicurezza adottate: la furia degli abissi si scatenò in una rabbiosa ed incontrollabile eruzione. La piattaforma travolta si incendiò – ardendo assieme alle vite di tre tecnici dell’Agip: Pietro Peri, Arturo Biagini e Bernardo Gervasoni – e sprofondò negli abissi. Lentamente, gli abitanti dell’abisso si sono appropriati del relitto. Paguri, Scorfani, Astici, Granchi, Ostriche hanno preso dimora.
Dal 1965 ad oggi la piattaforma metanifera affondata è così rinata, trasformandosi in un’oasi sottomarina, dichiarata nel 1995 Sito di Importanza Comunitaria, che affascina i suoi visitatori con l’incanto delle sue variegate forme di vita. Da una catastrofe nasce una meraviglia, sugellando la dicotomia tra passato e presente, stringendo il patto di ieri e di oggi. Senza quell’evento nefasto non sarebbe mai nata la dimora delle più strane specie dei nostri mari, non sarebbe mai nata la culla dei vini della Tenuta del Paguro.